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CILE: 10 foto e tanti pensieri

L'altro giorno stavo seguendo l'avventura di Jovanotti in Cile, 4.000 km in bicicletta nel Rincon del mundo, come direbbe Pablo Neruda, in altitudine e senza incontrare essere umano per giornate intere, se non qualche alpaca che corre qua e la. Rivedere quei paesaggi mi ha fatto un po' tornare indietro nel tempo, a quando io stessa ero in quella terra unica nel suo genere, a chiacchierare con qualche nativo e provare a farmi capire con il mio spagnolo accademico, che ben poco ha a che vedere con la lingua cilena.

Ho iniziato a sognare ad occhi aperti e in quel momento le pareti di casa mia non erano più nulla in confronto all'immensità di quei paesaggi. Sono subito corsa in camera mia a prendere l'hard disk dove gelosamente conservo ogni foto scattata in viaggio, l'ho collegato al pc e subito sono tornata in Cile.


Il Cile, quella lingua di terra in America Latina che racchiude in sè così tanti paesaggi e climi differenti che per percorrerla tutta bisognerebbe portare con sè l'intero guardaroba, dalla canotta al piumino. Ricordo quanto è stato difficile preparare lo zaino prima della mia partenza. Se ci penso bene è stata proprio la preparazione più difficile, anche più di quando sono partita per un anno di Australia. Più il cursore del mouse scorreva sulle foto e più mille ricordi riprendevano forma nella mia mente, un caotico turbinio di immagini, suoni e profumi che ad ogni foto si facevano sempre più vivi e forti.


Così il mio palato ha iniziato nuovamente ad assaporare il pastel de choclo (mais) o di granchio, accompagnato da un corposo vino cileno. Quel vino, ricordo ancora quando sono andata a fare la visita alla vigna e ho fatto la degustazione e ascoltato la passione in cui la nostra guida amatoriale ci raccontava tutti i processi, come se stesse raccontato della nascita del proprio figlio, se non addirittura qualcosa di ancor più speciale. Ricordo le mangiate che ho fatto e tutti i chili che ho preso in quei mesi, camminavo tantissimo ma mangiavo altrettanto. Il più delle volte in prossimità di una stazione di autobus che durante la notte mi portava da una città all'altra. Quante notti ho dormito sul sedile di un autobus e mi sono risvegliata a km di distanza, spesso con un paesaggio completamente differente.


Come quel giorno in cui sono partita da Santiago in aereo per andare al nord, ho lasciato una città completamente affollata e caotica per andare nel nulla arido, dove il color marrone-beige fa da padrone.

Ricordo la difficoltà nell'abituarmi a quel clima e quell'altitudine, un giorno ho sentito le tempie stringersi così forte verso il cervello che avevo la sensazione la mia testa potesse scoppiare da un momento all'altro. "Devi bere mate" mi ripetevano tutti. Chi lo avrebbe mai detto che per l'intera avventura il te de mate sarebbe diventato il mio migliore amico. Pensare che prima di arrivare in Cile non sapevo neanche della sua esistenza. Quante cose si imparano viaggiando.

Non c'è libro, insegnante o cattedra che tenga, ciò che impari viaggiando vale più di mille parole raccontate. Ciò che vedi con i tuoi occhi, assaggi con la tua bocca e sperimenti sulla tua pelle non ha eguali. E poi apprezzi molto di più quelle cose che spesso dai per scontato perchè semplicemente ci sono, come la doccia calda. Può sembrare sciocco ma dopo settimane di doccia fredda, farsene una calda si trasforma in un'esperienza quasi trascendentale. O lavarsi i capelli e asciugarli con un phon senza dover sempre sperare nel bel tempo. O ancora trovare il wifi e passare del tempo sui social, a leggere di persone che insultano altre persone per semplice noia... e ringrazi di essere sempre offline.


Le foto scorrevano veloci sul monitor ma la mia mente andava bensì più veloce. Così ho deciso di fermarmi un secondo e provare a selezionarne dieci. Dieci foto significative della mia esperienza in Cile, che è avvenuta in due momenti differenti della mia vita. "Cosa saranno mai dieci foto" ho pensato ingenuamente.

Ho creato una cartella sul mio pc e ho iniziato a copiarci dentro foto, una dietro l'altra. Mi sono ritrovata con quasi un centinaio di immagini, una più bella e significativa dell'altra. C'era la foto di quando sono andata a Valparaiso e mi sono completamente persa a fotografare ogni singolo graffito colorato della città e di quando sono andata a vedere la casa sul mare di Neruda e la sue intere collezioni di cose assurde e inaspettate. C'era la foto di quando la sera di capodanno ero in maniche corte di fronte al mare e di quando in pieno agosto ero coperta da mille strati di vestiti e tremavo ancora dal freddo. Poi c'era la foto di quando ho fatto il bagno nel geyser e urlavo tutte le volte che arrivava uno sbuffetto di acqua bollente, mentre i miei compagni di viaggio erano fuori dall'acqua in abbigliamento invernale. Che freddo uscire dall'acqua, ricordo di aver tremato per almeno mezz'ora, se non addirittura di più. E subito dopo ho copiato la foto di quando, invece, ho fatto il bagno nell'acqua gelide; era così fredda che mi mancava addirittura l'aria e respiravo affannosamente. Poi c'erano tante altre foto, ognuna speciale nel suo genere.


Così ho riniziato, partendo proprio da queste foto, volevo selezionarle solo dieci. Mentre le riguardavo continuavo a viaggiare con la mente, non ero chiusa in una stanza con un lock down fuori che mi impediva di uscire di casa, ma ero in Cile, ero sulle Ande e poi alle porte della Terra del Fuoco. La foto della jeep impolverata congelò un attimo il mio viaggiare. Ero in Patagonia cilena ed avevo noleggiato, insieme ai miei compagni di viaggio, una jeep per scoprire questa terra tanto raccontata e descritta da innumerevoli esploratori. Non mi interessavano i loro racconti, io, o meglio, noi eravamo lì e non ci sembrava neanche vero.

La Carretera Austral, il percorso più scenografico dell'intera Patagonia era di fronte a noi, non asfaltata e piena di polvere, ma era lì. Proprio quella strada, che ha impolverato i nostri zaini e vestiti, ci ha portato a visitare posti incantevoli, ghiacciaia, laghi dall'acqua così cristallina da sembrare essere dipinta, fiumi e torrenti così potenti da riecheggiare per km in tutta l'area. Questa la tengo.

Tengo anche quest'altra, è la Cattedrale de Marmol e ci siamo andati in barca; e tengo questa: l'ho scattata ai geyser del Tatio, dopo una sveglia alle 4.30 di mattina e una temperatura che scendeva diversi gradi sotto lo zero. Mi facevano addirittura male le mani dal freddo.


Scorri, scorri, scorri. Eccola questa la tengo, anche lei è stata scattata in Patagonia, nel Glacial San Rafael. Sono già bassa di mio ma quel giorno mi sono sentita una formichina davanti a quell'immensità, a tutto quel ghiaccio che ogni volta che si staccava dalla parete creava un forte suono che sembrava di esserne all'interno. Proprio come quando ero al nord, il "deserto della muerte" come lo definiscono. Un'ambientazione molto simile a Marte, non che io ci sia ancora stata ma così dicono. Lo spazio era così immenso che con un minimo sforzo di fantasia si riusciva anche a vedere la curva della terra. Si, tengo anche questa foto dai.


Ora diventa ancora più dura, posso selezionare solo altre 5 foto. Scelgo due immagini scattate al nord: una d'inverno e una d'estate. Due momenti così diversi dell'anno ma sempre affascinanti. Quel giorno l'autista mi ha insegnato a leggere le carte per orientarmi nel deserto, capire latitudine e longitudine e muoversi di conseguenza. È stata un'esperienza molto intensa e bella. Tanto bella quando quella trascorsa nella Laguna Seca, camminare sull'acqua salata senza sprofondare è stato strano, sentire il terreno sotto di me muoversi armoniosamente e seguire i miei passi è stato particolarissimo. Si, tengo anche questa foto!

Seleziono quest'altra, mentre cavalcavo al tramonto insieme ai miei compagni di viaggio. La scelgo non solo perchè quella giornata è piena di emozioni, ma perchè in quella zona, a pochi km di distanza da quelle montagne, si trova una casa di campagna con un grandissimo giardino pieno di piante di avocado e due anziani signori che mi hanno accolta a braccia aperte, pur non sapendo nulla di me. Proprio in quella casa di campagna ebbe inizio tutto.

Manca una foto ed io ne ho ancora una ventina nella mia cartella. Quale di queste può esprimere al meglio la mia avventura in Cile? Questa no; cancella. Questa neanche; via. Neppure questa...

Eccola, l'ho trovata! Ho trovato l'ultima foto di questa mia breve e difficile selezione. Non è bella come le altre, ma per me è molto significativa. Raffigura me durante questo viaggio, con il volto struccato e le occhiaie per le poche ore di sonno e per l'altitudine alla quale a fatica mi sono abituata, sempre se così si possa dire. Ho i capelli raccolti dopo l'ennesima doccia fredda e senza phon; lo zaino sulle spalle pieno di vestiti, le borracce d'acqua e la guida del Cile. Indosso indumenti colorati e comodi, che ho acquistato sul posto dopo aver realizzato di essermi portata dei vestiti alquanto inadeguati al posto, come a volte mi capita di fare. Ho scarpe comode, che non ho mai indossato nella mia quotidianità se non per andare in palestra o a passeggiare nel campo dove non incontro nessuno. Ma quando viaggio non mi importa di nulla, non mi interessa di essere giudicata da quello che indosso o da come porto i capelli, voglio essere me stessa e questo è quello che importa. Ma la cosa ancora più rappresentativa del mio viaggio in Cile, è racchiuso proprio nel mio volto: il sorriso, stanco ma sincero.


Ce l'ho fatta, sono riuscita a selezionare 10 foto. Grazie Jovanotti per avermi ispirata, grazie Cile per avermi affascinata!


Persacolmondo




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